mercoledì 22 aprile 2009

LO GNOSTICISMO

Lo gnosticismo
Saggio di Ermanno Pavesi

1. Lo gnosticismo nell’antichità

Marcione

Con il termine "gnosticismo" si designa un gruppo di correnti filosofico-religiose dell’antichità, che hanno avuto la loro massima diffusione nei secoli II e III dell’era cristiana nei maggiori centri culturali dell’area mediterranea, come Roma e Alessandria d’Egitto. In certi casi si tratta di scuole fondate da personaggi noti, come Basilide, Marcione o Valentino — tutti vissuti nel secolo II —, in altri casi di gruppi di cui non si conoscono i fondatori e la cui denominazione deriva da elementi dottrinali: per esempio, gli ofiti attribuiscono un ruolo importante al serpente, in greco ofis; i cainiti si richiamano a Caino, e così via.

Fino al ritrovamento nel 1945 a Nag Hammadi, nell’Alto Egitto, di un’intera biblioteca gnostica, gli studiosi disponevano di scarsi testi originali e integrali, ritrovati nel corso del tempo, e le fonti per lo studio delle teorie gnostiche erano costituite per lo più da descrizioni e da citazioni contenute nelle confutazioni da parte di autori cristiani, che scrivono in difesa dell’ortodossia, come sant’Ireneo, vescovo di Lione (sec. II) nell’opera Denuncia e confutazione della pseudo-gnosi.

Il cristianesimo nei primi secoli è minacciato dallo gnosticismo tanto dall’esterno, cioè da movimenti che si pongono dichiaratamente in posizione alternativa a esso, quanto dall’interno, da gruppi che cercavano d’infiltrarsi in ambienti cristiani rifacendosi talvolta a scritti, come i vangeli apocrifi — cioè non riconosciuti nella Chiesa come ispirati —, ritenuti più autorevoli dei vangeli canonici: questi ultimi raccoglierebbero gl’insegnamenti di Gesù alle masse e avrebbero un carattere essoterico, mentre testi come La Sofia di Gesù Cristo o l’Apocrifo di Giovanni conterrebbero una dottrina rivelata da Gesù ad alcuni apostoli o a discepoli e destinata solo a pochi adepti.

2. Dualismo radicale

Un carattere fondamentale dello gnosticismo è il dualismo radicale. Anche nella tradizione biblica esiste un dualismo fra Dio creatore da una parte e l’uomo e l’universo dall’altra, ma tanto la creatura quanto il creato corrispondono a un progetto divino e questo conferisce loro dignità: l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, e la creazione contiene l’impronta del creatore. Per lo gnosticismo, invece, esiste una differenza abissale fra Dio e la realtà materiale: lo spirito è sostanzialmente estraneo all’universo e il rapporto con il mondo materiale non può contribuire in nessun modo all’elevazione spirituale dell’uomo.

Gli specialisti distinguono due tipi principali di dualismo gnostico: il tipo iranico ammette la contrapposizione di due princìpi in lotta fra di loro e considera il mondo materiale come il dominio di una potenza negativa, mentre la speculazione siriaco-egizia — secondo lo storico delle religioni e filosofo Hans Jonas (1903-1993) — fa "[…] derivare il dualismo stesso, e la conseguente situazione del divino nel sistema di creazione, dall’unica e indivisa fonte dell’essere, per mezzo di una genealogia di stati divini personificati che si evolvono l’uno dall’altro e descrivono il progressivo oscuramento della Luce originaria in categorie di colpa, errore e fallimento. Questa interna "involuzione" divina termina nella decadenza completa dell’alienazione di sé che è questo mondo".

Caratteristica di molti sistemi gnostici è pure la descrizione mitologica dei passaggi intermedi. Tanto ammettendo un processo di degenerazione o di "devoluzione", con la comparsa di uno stato inferiore, quanto la creazione da parte di un essere malvagio, il demiurgo, né la creazione del mondo né l’ordine di natura corrispondono alla volontà dell’Essere Supremo. Le leggi di natura sarebbero dettate dal demiurgo che, orgoglioso del proprio dominio, cerca d’indurre l’uomo a riprodursi, aumentando e prolungando la condizione di alienazione dello spirito nella materia.

3. Dualismo antropologico

Origene

All’irriducibilità fra Essere Supremo e natura corrisponde quella fra spirito e materia, e, a livello antropologico, fra anima e corpo. Lo spirito corrisponde a una particella divina, con la vocazione a riunirsi all’Essere Supremo e quindi eterna, mentre il corpo costituisce solo il carcere in cui l’anima è prigioniera o esiliata, ed è destinato a dissolversi nel nulla.

Certi sistemi gnostici inseriscono questa teoria in una visione astrologica basata sulla concezione geocentrica. Per unirsi al corpo lo spirito deve arrivare sulla terra e attraversare una dopo l’altra le sfere dei pianeti. In questa "caduta" nel mondo sublunare, prima di penetrare nel corpo materiale, lo spirito riceve una specie d’involucro, il "corpo astrale", che cresce al passaggio da ogni sfera planetaria. Alla fine lo spirito risulta rivestito, occultato da queste stratificazioni, che sono il presupposto delle corrispondenze cosmiche e delle influenze astrali condizionanti l’esistenza umana.

Nella condizione terrena l’uomo avrebbe dimenticato la sua origine e si troverebbe come in uno stato di ebbrezza, di sonno o di oblio, che lo porterebbe ad assoggettarsi alle leggi demiurgiche della natura e alle influenze cosmiche. Per alcuni sistemi gnostici non tutti gli uomini sarebbero in grado di pervenire alla conoscenza, alla gnosi, e quindi di superare la condizione di alienazione. Secondo il sistema valentiniano, per esempio, gli uomini per nascita sono di tre tipi diversi: gli "spirituali" hanno la possibilità di pervenire alla conoscenza e, una volta arrivati a tale livello, sono al di sopra delle leggi; gli "psichici" hanno bisogno per la loro realizzazione delle leggi e delle dottrine di una religione, mentre gli "ilici" sono incapaci di superare i condizionamenti materiali.

Solo con un atto di ricordo o di risveglio l’uomo, o almeno chi ha la necessaria vocazione, può riconoscere la propria natura spirituale e affrontare la via della liberazione progressiva dai condizionamenti subiti al passaggio di ogni sfera. Questo è possibile per mezzo di un processo descritto come ascesa dell’anima, in cui l’adepto, percorrendo a ritroso l’itinerario della caduta, deve affrontare a ogni sfera gli esseri spirituali a essa preposti, gli arconti, e riuscire a passare grazie alle formule e alle parole di passo apprese nell’iniziazione gnostica.In questo processo l’uomo deve staccarsi anche dagli elementi materiali della propria individualità, riconoscendo che il proprio spirito è solamente una scintilla dell’Essere Supremo e a esso identico, in altri termini di essere egli stesso Dio.

La concezione negativa dell’esistenza terrena e della vita condiziona profondamente anche i rapporti fra i sessi. Ammesso che il piacere sessuale è una specie di esca con cui il demiurgo induce l’uomo a riprodursi, lo gnostico ha due possibilità: astenersi da ogni attività sessuale, oppure svincolare la sessualità dalla riproduzione, per poter godere del piacere sessuale evitando però di procreare. Effettivamente nei movimenti gnostici si possono osservare tanto un ascetismo radicale quanto il libertinismo, comportamenti opposti ma che presentano un elemento comune: il disprezzo per la vita.

4. Il rifiuto della tradizione biblica

L’identificazione del Dio creatore della Bibbia con il demiurgo, quindi con una figura negativa, comporta pure un rovesciamento nella valutazione dei singoli personaggi biblici, con l’idealizzazione di chi ha infranto le leggi del Creatore, come Caino. Il paradiso terrestre diventa una specie di giardino incantato in cui il Dio biblico tiene Adamo ed Eva nell’ignoranza. Nell’Apocrifo di Giovanni lo stesso Cristo Salvatore incita i progenitori a mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, con un’interpretazione che introduce una netta frattura fra il Dio creatore dell’Antico Testamento e il Salvatore che proclama l’emancipazione dalla Legge.

Se alcuni studiosi hanno considerato eccessivo e di parte l’impegno degli apologisti cristiani nel combattere lo gnosticismo e nel considerarlo estraneo al cristianesimo, nonostante le pretese di alcuni gruppi di rappresentarne addirittura la tradizione più autentica, i ritrovamenti di Nag Hammadi confermano le tesi degli apologisti. Per esempio, uno dei testi ritrovati è La Sofia di Gesù Cristo, in cui Cristo ammaestra alcuni discepoli rispondendo alle loro domande: ebbene, risulta essere trascrizione in forma di dialogo di un testo gnostico più antico, Eugnosto il Beato, forse risalente al secolo I a. C., quindi conferma l’origine precristiana o almeno non cristiana di temi fondamentali, anche prescindendo dal fatto che contatti secolari con il cristianesimo possono aver portato a una certa cristianizzazione di un gnosticismo originariamente estraneo a esso.

5. Implicazioni sociali

Le teorie gnostiche non sono prive di conseguenze sociali: infatti, se la concezione della realtà terrena come "acosmica", "senza ordine", mette in discussione l’esistenza del diritto naturale, il giudizio negativo sulla vita e sulla procreazione mina le basi stesse della società, della famiglia e della civiltà in genere. Quindi, lo gnosticismo non è solamente alternativo al cristianesimo, ma anche al pensiero greco e al diritto romano.L’affermazione del cristianesimo sullo gnosticismo non rappresenta quindi solo una questione interna della Chiesa, ma il punto di partenza per la formazione di una nuova civiltà, quella cristiana, con il riconoscimento del valore tanto dell’ordine spirituale quanto di quello temporale.Per questo il politologo Eric Voegelin (1901-1985) interpreta la secolarizzazione dell’Occidente cristiano come effetto dell’azione di una serie di movimenti rivoluzionari, fra i quali annovera la Riforma protestante, la Rivoluzione francese e il marxismo, in cui ritiene di riconoscere tratti comuni gnostici.

6. Elementi gnostici nel Medioevo e nel mondo moderno

Se la rilevanza dello gnosticismo declina a partire dal secolo IV, dopo il quale per gli studiosi non si può più parlare di gnosticismo in senso vero e proprio, il fenomeno sopravvive anche in quelli successivi, assume nuove forme e raggiunge talvolta dimensioni inquietanti, come con i catari. Scienze come l’alchimia e l’astrologia nonché la pubblicazione da parte dell’umanista Marsilio Ficino (1433-1499), nel 1463, del Corpus Hermeticum, una raccolta di scritti sapienziali di epoca ellenistica attribuiti a Ermete Trismegisto, contribuiscono alla diffusione di temi gnostici nella cultura rinascimentale.

In epoca contemporanea oltre a movimenti, per lo più elitari, che si richiamano esplicitamente a correnti gnostiche del passato, non sono mancati tentativi d’identificare caratteri gnostici in fenomeni culturali moderni anche molto diversi: dalla mancanza di senso dell’esistenza terrena, come nel caso del nichilismo oppure dell’esistenzialismo, al rifiuto di accettare la realtà naturale con progetti d’interventi radicali, come nel caso delle manipolazioni genetiche. Caratteri gnostici si possono osservare anche in una certa mitologia relativa a Internet: se "[…] la pretesa gnostica — come scrive Giovanni Cantoni — sta nel ricostruire il reale attribuendo un diverso statuto ontologico a "enti di ragione" o a "opere di fantasia"", Internet fornisce la possibilità di modificare la realtà in modo più radicale di quanto sia stato finora possibile per mezzo dell’ideologia o della manipolazione creando una realtà virtuale in cyberspace, in cui ciascuno può "navigare", svincolato dai limiti del corpo.

Diffusione della gnosi nel I° secolo
Eduard Lohse, L'ambiente del Nuovo Testamento,Brescia 1993.
C.E.S.N.U.R., Enciclopedia delle religioni in Italia, Leumann 2001.

Lo gnosticismo antico era un insieme di sistemi caratterizzato da un dualismo che oppone lo spirito e la materia, con un deciso «anti-cosmismo» che svaluta radicalmente il mondo visibile, ridotto a regno del male e delle tenebre.
Se tutti gli gnostici sono d'accordo su una svalutazione dualistica del mondo e della materia, le scuole si dividono quando si tratta di valutare i rapporti fra i due principi.
Nei sistemi classici dello gnosticismo, il dualismo si risolve in un monismo, in quanto il male non è un principio originario ma il risultato di una qualche degradazione o caduta nel mondo del bene.
Verso l'idea di due principi originari si orienta invece il manicheismo, che alcuni considerano una religione successiva del tutto indipendente dallo gnosticismo, mentre altri lo ritengono piuttosto uno gnosticismo tardivo.

Tutti i sistemi gnostici propongono un mito cosmologico che come è spesso stato notato ha un carattere «parassitario» in quanto nasce dalla rilettura gnostica di temi mitologici preesistenti: iranici, greci, ebraici, cristiani. I miti gnostici sono insieme ricchissimi e diversissimi da scuola a scuola, ma quasi sempre comprendono tre fasi: una unità originaria indistinta (pleroma), dove da un dio originario e inconoscibile sono emanate coppie di esseri celesti «eoni», parola che in alcuni sistemi indica anche un'epoca nella storia del mondo); la «caduta» fuori da questa unità di uno o più esseri celesti, con la successiva nascita di un dio malvagio (demiurgo) che, direttamente o tramite i suoi collaboratori (arconti), crea il mondo materiale; la presenza nell'uomo di una scintilla divina che può essere ravvivata, permettendo ad alcuni di risalire dal mondo della materia e della finitudine fino al mondo divino delle origini. In molte mitologie gnostiche (ma non in tutte) è un eone femminile, Sophia, che esce dal limite del pleroma per ignoranza o per curiosità, causando ultimamente la nascita del mondo materiale. Il mito di Sophia è tuttavia estremamente complicato, e molto diverso nei vari sistemi antichi che ne parlano. In alcuni troviamo due Sophia: la maggiore, cui sarà concesso di ritornare nel pleroma; e la minore, che dovrà rimanerne al di fuori. In alcuni sistemi c'è anche una terza Sophia, una Sophia terrestre che erra nella storia degli uomini incarnandosi periodicamente in corpi di donna. Un'altra parola che dà spesso luogo a equivoci è Abraxas o Abrasax. Inteso (più raramente) come nome del Dio originario, nella maggior parte delle fonti gnostiche èpiuttosto il nome del cattivo demiurgo.
Varie sono anche le spiegazioni relative alla presenza nell'uomo di una scintilla divina. Il demiurgo e gli arconti, da parte loro, non avrebbero potuto creare che un uomo totalmente legato alla materia e alle tenebre.
Tuttavia varie spiegazioni mitologiche dall'intervento di esseri del mondo celeste all'apparizione improvvisa di un modello divino che influenza i creatori spiegano come, contro la volontà delle potenze creatrici, l'uomo nasca con una componente divina che potrà essere risvegliata.
L'antropologia è tuttavia complicata, e presenta tre categorie di uomini: gli «spirituali» o «pneumatici», gli unici veramente in grado di accedere alla conoscenza (gnosi) necessaria perché la scintilla divina sia rianimata; gli «psichici», che possono accostarsi alla gnosi solo parzialmente e con grande difficoltà; e gli «ilici», gli uomini irrimediabilmente legati alla materia cui la gnosi rimane preclusa. Ne derivano due conseguenze: un certo elitismo, per la netta discriminazione fra varie categorie di uomini;e un marcato individualismo, in quanto ciascuno si occuperà della propria auto-redenzione attraverso la coltivazione della sua scintilla interiore più che dei problemi della comunità o della collettività.

La gnosi simoniana

Lo stesso Nuovo Testamento testimonia che una gnosi precristiana aveva già trovato larga diffusione: questo è un dato importante per la storia delle religioni, poiché la data di composizione degli scritti neotestamentari si situa tra la seconda metà del primo secolo e, per un piccolo numero di essi, l'inizio del secondo secolo d.c. Se in questi documenti databili con una certa precisione si riscontrano quindi precisi riferimenti a concezioni gnostiche o accenti polemici nei loro confronti, si ha una base sicura per la datazione di motivi che appariranno con più evidenza nelle comunità gnostiche del secondo secolo d.c. costituitesi nell'ambito della chiesa antica.
Negli Atti degli Apostoli si racconta che, subito dopo la costituzione della comunità primitiva, il messaggio cristiano fu portato in Samaria, dove i primi apostoli si scontrarono con un mago di nome Simone, che aveva sedotto il popolo affermando di essere qualcuno di grande (Atti 8,9). La sua attività aveva ottenuto un successo straordinario, «poiché tutti, grandi e piccoli, si univano a lui e dicevano: 'Quest'uomo è la potenza di Dio, quella che viene detta la Grande'» (Atti 8,10). Stando al racconto degli Atti, Simone era uno stregone; impressionato dal fatto che i cristiani potevano compiere segni e prodigi straordinari, si unì a loro (Atti 8,9-24).
Dietro la narrazione offerta ci degli Atti possiamo intravedere uno dei primi scontri tra la dottrina gnostica e la predicazione cristiana. Infatti l'affermazione di essere la «grande Potenza» non può venire intesa semplicemente come espressione dell' opinione personale di un mago, ma indica piuttosto la pretesa di essere il portatore di una rivelazione divina.
Gli scritti polemici con i quali i Padri della chiesa Giustino, Ireneo c Tertulliano si scagliano nel secondo secolo d.c. contro la gnosi simoniana mostrano che da questo Simone apparso in Samaria sorse un movimento che fece adepti non solo in Palestina, ma anche a Roma, rivelando l'aspetto espressamente gnostico di questa dottrina. Prescindendo dalle differenti elaborazioni subite dalla tradizione nel corso del tempo, in tutte le descrizioni risalta il carattere rigorosamente dualistico della gnosi simoniana.

La divina ennoia ( = il pensiero) era originariamente vicina al Padre del tutto come principio femminile, ma cadde in potere delle potenze demoniache e vagò da un corpo femminile all' altro, finché finì nel corpo di Elena, che si trovava in un bordello di Tiro. La sua degradazione raffigura la prigionia dell' anima umana, perduta senza speranza se non viene soccorsa dall'esterno. Il Dio altissimo allora s'impietosisce e scende in persona a liberarla: la potenza divina si manifesta in Simone, che libera l'ennoia nelle sembianze di Elena e la riconduce alla sua destinazione celeste.

Sebbene non si possa stabilire con certezza in quale misura i tratti della gnosi simoniana possano risalire al Simone di Samaria storico, già gli scarsi cenni degli Atti lasciano intravedere i lineamenti gnostici della sua dottrina. Non è casuale che il movimento simoniano sia sorto in ambito samaritano, dove influssi storicoreligiosi di vario genere poterono unirsi a tradizioni giudaiche non rispondenti ai severi criteri dell'ortodossia, così da potersi sviluppare più liberamente.
L'esempio della gnosi simoniana mostra come concezioni elaborate ai margini del giudaismo abbiano avuto una parte non trascurabile nella formazione della dottrina gnostica. Non si può tuttavia affermare che il movimento gnostico, così largamente diffuso, abbia un'unica origine samaritana: l'edificio gnostico si presenta troppo complesso perché il suo sorgere possa essere ricondotto a un solo luogo o addirittura a un ben identificabile fondatore. Dai più antichi racconti su Simone si può piuttosto delineare il quadro di una forma primitiva di gnosi precristiana che entrò ben presto in aspra polemica col cristianesimo.
Dalla polemica cristiana conosciamo un primo capo scuola gnostico, Simon Mago, samaritano, la cui attività si colloca intorno al 50 d.c. Tra i suoi discepoli sono ricordati Menandro e Saturnino, mentre altri gnostici antichi contro cui polemizzano i padri cristiani (Cerinto, Carpocrate e il figlio Epifanio) non possono essere considerati discepoli di Simone.

La gnosi mandea
Concezioni gnostiche influirono anche sui diversi movimenti battisti sorti nell'area siro-palestinese. Il vangelo di Giovanni fa supporre che seguaci di Giovanni Battista abbiano operato accanto a discepoli di Gesù e che si sia manifestata una certa concorrenza tra i due gruppi. Quando si afferma con decisione che non è Giovanni Battista la luce, ma solo un testimone della luce giunta al mondo in Gesù Cristo (ev. r,6-8.r5 e passim), questa messa a punto è senza dubbio rivolta a ben precisi ambienti che vedevano nel Battista stesso il salvatore degli ultimi tempi.

All' ambito di queste comunità battiste appartiene anche la setta dei mandei, che sopravvive ancor oggi nella zona fra il Tigri e l'Eufrate per un totale di circa 5000 fedeli. I loro scritti sacri sono divenuti oggetto d'indagine scientifica solo in questo secolo, e hanno suscitato ampie discussioni, che non hanno ancora portato a risultati del tutto sicuri.
La designazione della setta deriva dalla parola «manda» = gnosi; essa dunque significa «gli gnostici». La comunità preferisce l'appellativo di «nazorei», come i cristiani della Siria: un indizio dei contatti avuti lungo il corso della sua storia col cristianesimo siriaco. I suoi libri furono redatti soltanto nel settimo e ottavo secolo d.c., perché sotto il dominio islamico le comunità religiose dovettero presentare i loro scritti sacri per ottenere il riconoscimento ufficiale; le tradizioni in essi contenute appaiono tuttavia molto più antiche: non è tuttavia possibile stabilire con precisione a quando risalgano.

Secondo la dottrina dei mandei, Dio, che è la grande Vita, abita nel regno della luce. Sotto di lui si trovano numerosi esseri intermedi o Uthras, che svolgono un ruolo di mediazione tra Dio e gli uomini. Il più importante di loro è chiamato Hibil-Ziua, spesso anche Manda d-Hiia, che significa «gnosi della vita». Mentre Ruha e i pianeti che reggono il mondo vogliono impedire agli uomini il raggiungimento della conoscenza e cercano di trattenerli nell'errore, Manda d-Hiia porta loro la retta conoscenza, grazie alla quale essi prendono coscienza della loro condizione e possono incamminarsi sulla via della libertà. Per il viaggio verso la patria celeste l'anima viene equipaggiata con abluzioni e col battesimo, attraverso il quale riceve la consacrazione.

Nella comunità vengono praticati il battesimo, l'unzione con l'olio e la comunione, per rinvigorire l'anima e renderla idonea al viaggio verso il cielo, poiché solo nel deciso distacco dal mondo si può guadagnare la redenzione.
Accanto a Manda d-Hiia ricorre negli scritti dei mandei anche il nome di Giovanni Battista come mediatore della conoscenza apportatrice di redenzione. Analisi più approfondite dei testi che lo menzionano hanno tuttavia dimostrato che la sua figura vi fu inserita solo a uno stadio più recente della tradizione. I mandei in epoca islamica dovettero non solo poter esibire scritti sacri, ma anche un profeta: si appellarono quindi al Battista, che conoscevano dalla tradizione cristiana. Non si può dunque in nessun modo vedere nei mandei gli epigoni di un gruppo che avrebbe avuto per maestro Giovanni Battista in persona. In base a quanto emerge dai loro scritti è tuttavia possibile far risalire la storia della comunità fino alla sua origine nel territorio del Giordano. Probabilmente la setta mandea sorse ai margini del giudaismo e appartiene all'insieme dei diversi gruppi che volevano radunare e purificare la comunità dei santi per mezzo del battesimo e delle abluzioni. Verso la fine del primo o l'inizio del secondo secolo d.c. emigrò poi in Mesopotamia, dove si stabilì e rimase, nel corso dei secoli, fino a oggi. Nella sua lunga storia essa subì influenze di vario genere; dapprima.la sua dottrina fu informata a una visione gnostica del mondo, poi prese forma definitiva il rito del battesimo sotto l'influsso del cristianesimo siriaco, mentre in epoca araba la dottrina mandea si arricchì di tratti necessari a sostenere il confronto con l'islamismo. Se si asportano l'uno dopo l'altro i diversi strati sovrappostisi nel corso del tempo al nucleo e al significato originario del culto mandeo, si può cautelativamente affermare che l'origine dei mandei è pressappoco contemporanea a quella degli inizi del cristianesimo. Occorrerà comunque una grande prudenza nello stabilire confronti tra la mitologia che la tradizione mandea ha elaborato sempre più copiosamente e i testi neotestamentari. La sua antichità può essere affermata con una certa sicurezza solo nella misura in cui i concetti gnostici in essa presenti trovino a loro volta conferma in altri testi databili con certezza.

La gnosi cristiana
I primi cristiani che annunciarono l'evangelo in Palestina e in Siria, e presto anche in altre parti del mondo antico, parlavano il linguaggio del loro tempo. Accolsero naturalmente anche motivi gnostici, onde servirsene a illustrare la predicazione cristiana. Così si trova a più riprese espressa l'idea che questo mondo è dominato da potenze demoniache, infestato da forze tenebrose che cercano di porre una separazione insormontabile tra gli uomini e Dio (cfr. per esempio Rom. 8,38 s.; 2 Coro 4,4; Gv. 12,31; 14,30; 16,n). Per non essere notato anzitempo dai padroni del cosmo, il redento re dovette venire nel mondo di nascosto, senza dare nell' occhio, «poiché se lo avessero riconosciuto non avrebbero crocifisso il Signore della gloria» (I Cor 2,8); con questo atto, infatti, essi hanno pronunciato da sé la loro stessa condanna.
Nel Nuovo Testamento, tuttavia, il destino di morte che pesa su ogni uomo non viene mai fatto risalire a una fatale caduta del primo uomo; il peccato è la conseguenza dell'atto del peccare e quindi nel suo sussistere come nelle sue conseguenze resta sempre colpa di ogni singolo uomo (Rom. 5,12-21). La redenzione quindi n'on può essere fondata, come nella gnosi, su una parentela di natura tra Dio e l'uomo quale presupposto di una futura riunione; la libertà è concessa solo nella remissione dei peccati assicurata dal Cristo.

In alcune comunità cristiane primitive una visione gnostica fu associata alla consapevolezza cristiana della libertà e trovò poi espressione nel sentimento di orgoglio di coloro si sentivano afferrati e pòrtati dallo Spirito. Un entusiasmo di tal genere si riscontra in primo luogo nella comunità di Corinto fondata da Paolo, in cui i «pneumatici» erano convinti di aver già raggiunto la perfezione grazie allo Spirito, così che per loro il tempo della salvezza era già presente (I Cor 4,8); dal sacramento del battesimo e della cena fluiva una forza che non si poteva più perdere (I Cor 10,1-13), e non bisognava quindi attendersi un compimento futuro che si sarebbe verificato con la risurrezione dei morti (I Cor 15,12). Nella loro immoderatezza sostenevano l'idea che la libertà cristiana non conosce limiti, che tutto insomma è permesso (I Cor 6,12; 10,23). Ciò che l'uomo fa ed esperimenta con il corpo è indifferente, poiché importante è solo lo Spirito (I Cor 6,12-20 e SS.). Paolo afferma invece che il compimento futuro non si è ancora attuato, che la libertà può essere vissuta solo nell' obbedienza e che il corpo appartiene al Signore (I Cor 6,13).

Manifestazioni entusiastiche simili a quelle della comunità di Corinto si ebbero presto anche altrove. In verità negli scontri che Paolo dovette sostenere contro queste concezioni non è mai riconoscibile un mito gnostico formulato chiaramente: il sentimento di orgoglio con cui ci si stacca dal mondo e lo si ritiene indifferente stimando soltanto l'opera e gli effetti dello Spirito, mostra tuttavia tratti analoghi a quelli che si riscontreranno di lì a poco nella letteratura gnostica.
Per questo è possibile vedere negli entusiasti di Corinto come anche in quel gruppo che fece la sua comparsa nella comunità di Filippi forme precoci di gnosi cristiana. Alcuni insistono con arroganza sulla conoscenza che credono di avere (I Cor 8,1), mentre altri disprezzano ogni realtà terrestre dandosi senza scrupoli a una condotta sregolata «poiché loro dio è il ventre, la loro gloria consiste nella loro vergogna e il loro pensiero è rivolto solo alle cose terrene» (Fil. 3, 19).

Anche in Asia Minore sulle comunità cristiane si manifestò presto, più o meno forte, l'influsso di concezioni e comportamenti gnostici. A Colossi sorsero dei maestri che s'impegnavano a offrire protezione contro gli elementi ostili del mondo (Col. 2,8.20). Questi elementi del mondo erano presentati come potenze angeliche che non governano solo l'ordine cosmico, ma guidano anche il destino di ogni uomo. Si cercò di convincere i cristiani che si può stabilire un retto rapporto con loro solo seguendo nel culto le prescrizioni da essi imposte. Ciò significa che si devono osservare esattamente i tempi sacri stabiliti giorni di festa, novilunio e sabato (Col. 2,16) ed evitare determinati cibi e bevande, l'uso dei quali è rigorosamente proibito (Col. 2,21). Questa dottrina mostra una strana fusione di speculazioni cosmologiche e tratti legalistici che rimarcano prescrizioni giudaiche, e dimostra che non solo in Palestina e in Siria, ma anche in Asia Minore il giudaismo contribuì notevolmente allo sviluppo delle prime forme di visione gnostica del mondo.

Verso la fine del primo secolo d.c. le comunità cristiane d'Asia Minore erano in gran parte sottoposte all'influenza di concezioni gnostiche. Le lettere pastorali debbono respingere con parole aspre eretici convinti che la risurrezione sia già avvenuta (2 Tim. 2,18) e che ci si debba sottrarre al mondo astenendosi dal matrimonio e da determinati cibi (I Tim. 4,3). Nelle missive dell' Apocalisse di Giovanni è menzionato il gruppo dei nicolaiti (Apoc. 2,6.16), convinti di aver conosciuto «le profondità di Satana» (Apoc. 2,24): da ciò essi si sentivano autorizzati a mangiare senza scrupoli la carne immolata agli idoli e a fornicare (Apoc. 2,14 s.). Il pensiero gnostico è quindi associato a un' etica libertina, tratto distintivo della gnosi che emerge anche nella polemica della lettera di Giuda contro quanti contaminano la carne, sparlano di tutto e vivono secondo le lorò empie concupiscenze (Gd. 8.10.18).

Il vangelo di Giovanni e le lettere giovannee hanno un chiaro atteggiamento polemico di fronte a questa mistificazione gnostica dell'evangelo. Poiché questi testi sono presumibilmente originari della Siria, essi attestano che verso la fine del primo secolo d.c. la gnosi doveva essere molto diffusa anche in questo ambiente, tanto che le comunità cristiane dovettero reagirvi energicamente. Di contro al disprezzo gnostico della creazione e della carne si afferma con forza che tutto fu creato attraverso il Logos e che il Logos si fece carne (Gv. 1,1-3.14).
Che il cosmo giaccia nelle tenebre non è conseguenza di una caduta fatale, ma della colpa di coloro che non hanno accolto la luce (Gv. 1,5.10). Nella prima lettera di Giovanni si insegna alla comunità che lo spirito retto confessa «che Gesù Cristo è venuto nella carne» (I Gv. 4,2). Questa espressione è diretta contro una cristologia docetista che disprezza il mondo e non vuole dunque porre il Cristo in rapporto con esso. Contro l'idea che egli sia apparso nel mondo sotto un travestimento e non realmente in carne e ossa, l'autore afferma con decisione che Cristo è divenuto veramente uomo, «venuto con acqua e sangue» (I Gv. 5,6), e che tutti coloro che gli appartengono sono uniti ai fratelli nell' amore.

Gli scritti neotestamentari testimoniano dunque con certezza che la gnosi nella seconda metà del primo secolo d.c. si scontrò in più luoghi con la predicazione cristiana. Il sorgere in Samaria della dottrina simoniana, che raggiunse presto anche Roma, gli inizi del movimento battista dei mandei, le arroganti manifestazioni entusiastiche delle comunità di Corinto e di Filippi, lo scontro con la dottrina gnostica in Asia Minore e in Siria, sono tutti avvenimenti ascrivibili al primo secolo d.c. Anche se non abbiamo notizie sull' origine delle prime comunità cristiane d'Egitto, si può tuttavia ritenere con grande probabilità che una prima missione cristiana abbia raggiunto l'Egitto già nella seconda metà del primo secolo d.c.
Nel secondo secolo vi si trovava un buon numero di gruppi cristianognostici, nei quali sarà molto spesso difficile distinguere dottrina gnostica e retta fede cristiana. Che i confini fossero rimasti incerti ancora per lungo tempo è dimostrato dalla ricca biblioteca di testi cristiano-gnostici scoperta a Nag Hammadi nel 1945/46.
La tradizione cristiana primitiva, conservataci nei logia del Signore, nel Vangelo di Tommaso si trova sorprendentemente associata a un rifiuto inequivocabilmente gnostico della creazione e del mondo. In alcuni passi detti e parabole di Gesù vengono riportati in forma molto vicina a quella dei sinottici. Tutta la raccolta dei logia è posta tuttavia sotto questo titolo: «Chi trova il vero senso di queste parole non patirà la morte». Idee gnostiche sono attribuite a Gesù quando parla dell' origine celeste delle anime, cui esse devono tornare: «Beati siete voi, soli ed eletti, poiché troverete il regno; voi provenite da esso (e quindi) ritornerete a esso» . Oppure si sottolinea in maniera tipicamente gnostica che la retta sapienza permette di conoscere che la risurrezione dei morti è già avvenuta: «I suoi discepoli gli dissero: Quando saràla risurrezione dei morti e quando verrà il mondo nuovo? Egli disse loro: ciò che voi attendete è (già) avvenuto, ma voi non lo avvertite» ). Salvatore e salvati saranno una sola cosa: «Gesù disse: Chi beve dalla mia boc ca diventerà come me. E io diventerò lui, e gli si manifesterà ciò che è nascosto» .

Che la pietà gnostica potesse vivere ed esprimersi in autentica e profonda religiosità, lo mostra sorprendentemente una raccolta di inni sorta nel secondo secolo d.c., intitolata Odi di Salomone. In uno di questi inni, l'orante esprime la sua riconoscenza per la salvezza ottenuta associando espressioni veterotestamentarie all'idea gnostica che il redento possiede un corpo di luce su cui la tenebra non ha più alcun potere, e che è trasportato nell'imperitura comunità del mondo della luce:

Le mie braccia ho innalzato verso l'alto,
verso la grazia del Signore,
poiché egli ha strappato via da me le mie catene
e il mio soccorritore mi ha innalzato alla sua grazia e redenzione. Mi sono spogliato della tenebra
e ho rivestito la luce.
Membra ha ricevuto la mia anima
dove non c'è malattia
né tormento né dolore.
E mi aiutò molto il consiglio del Signore
e la sua comunione imperitura.
E io fui portato in alto nella luce
e passai davanti al suo volto.
E mi avvicinai a lui
Lodandolo e professando la mia fede in lui.
Egli fece erompere il mio cuore ed esso si trovò sulla mia bocca e salì alle mie labbra.
E sul mio volto grande fu il giubilo per il Signore e la sua lode. Alleluia!
(Ode 21).

Vangeli gnostici
Annunciazione della nascita di Maria.

L'incontro con la gnosi costrinse a definire quale dovesse essere il modo ortodosso di annunciare il messaggio cristiano. Per far comprendere che l'evangelo conteneva la risposta alle domande dell'uomo sul senso della vita e sulla redenzione salvifica, bisognava che lo si predicasse con il linguaggio e le categorie di pensiero allora correnti.

Pur assumendo questo linguaggio e queste categorie di pensiero, la predicazione cristiana non doveva tuttavia subire in alcun modo mutamenti e tanto meno deformazioni del suo contenuto. Spesso era difficile stabilire nei singoli casi come si potesse diventare greco con i greci e giudeo con i giudei senza intaccare la verità e la libertà dell'evangelo: il problema poté essere risolto solo dopo una lunga e talvolta travagliata riflessione. La sfida portata dalla gnosi alla chiesa antica esigeva da questa un intenso sforzo per una retta comprensione e spiegazione del messaggio cristiano, sforzo di cui essa è debitrice a tutti gli uomini, giudei e greci.


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Diffusione della gnosi nel II secolo e successivi
I primi grandi sistemi gnostici appaiono nel II secolo con Basilide, attivo in Alessandria negli anni 117-161; Marcione (scomunicato nel 144), un contemporaneo di Basilide venuto dall'Asia Minore a Roma (e così cristianeggiante sia pure in un senso non ortodosso che alcuni vorrebbero escluderlo dallo gnosticismo propriamente detto); e Valentino, nato probabilmente in Egitto, attivo in Alessandria e poi a Roma tra il 140 e il 165.
Le maggiori testimonianze riguardano proprio la scuola di Valentino, rappresentata dai discepoli Tolomeo, Eracleone e Marco. Queste scuole continuano le loro attività nel III secolo, e contro di loro si dirige principalmente la polemica dei Padri cristiani.
Sappiamo molto poco di forme più tardive di gnosticismo, cui dovrebbero appartenere gruppi estremistici o licenziosi come gli ofiti e i fibioniti (senza che la loro collocazione cronologica sia oggetto di consenso fra gli studiosi). Agli inizi del III secolo è attivo alla corte di Edessa e in Armenia il filosofo cristiano eterodosso Bardesane, che non sembra un discepolo di Valentino ma piuttosto un anello di collegamento fra lo gnosticismo propriamente detto e il manicheismo.

Quest'ultima religione è fondata in Persia da Mani (215-276), morto in prigione e vittima dell'ostilità della monarchia persiana alla nuova religione. Il manicheismo ruscirà tuttavia a diffondersi in un' ampia area geografica, dalla Spagna alla Cina. In quest'ultimo paese le ultime comunità maniche e superstiti scompaiono intorno al 1300, distrutte dall'avanzata mongola.
La struttura di religione universale del manicheismo rappresenta certamente qualche cosa di diverso dallo gnosticismo classico, ma molte idee sono comuni e l'influenza è evidente.

Lo gnosticismo nella sua forma classica, ha perduto la sua controversia con la Chiesa cristiana, ed è pressoché scomparso fra il IV e il V secolo comunque lasciando tracce importanti. Gruppi medioevali come i bogomili della Bulgaria (VII-IX secolo) presentano influenze gnostiche evidenti. E una ipotesi vuole che sia stata proprio la penetrazione di idee bogomile nell'Europa occidentale nel secolo X e XI a favorire la nascita delle eresie che preoccuperanno di più la società medioevale, quelle di matrice catara. Sono questi movimenti gli ultimi nei quali alcuni specialisti dello gnosticismo sono disponibili a riconoscere un'influenza diretta dei sistemi antichi. Anche il catarismo, tuttavia, non sopravvive alla repressione cattolica e non ha continuatori diretti.

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