giovedì 23 aprile 2009

I VANGELI APOCRIFI GNOSTICI E FASULLI PIACCIONO DI PIU'

Se è apocrifo, piace di più
Tratto da Avvenire, p.33 12 aprile 2005

Maestri di pubbliche relazioni, polemisti religiosi e agguerrite macchine editoriali hanno presentato il Vangelo di Giuda come una scoperta clamorosa unita alla richiesta, ore rotundo, di "revisionare" i canonici, perché ora sappiamo "che Giuda si è consegnato sua sponte". Contestando la storicità dei canonici, s'investe di credibilità la propaganda di fede degli gnostici cainiti. "Fondamentalismo a rovescio" è già stato chiamato, l'atteggiamento di chi, postdatando i canonici, attribuisce la datazione più alta al Vangelo di Tommaso conferendogli massima autorità. La regia di questi annunci, comunque, presuppone un pubblico pronto ad accettare che singoli "vangeli perduti", per quanto di tarda datazione, contengano rivelazioni d'ampia portata; che possa esistere un testo apocalittico, tanto più potente ed eversivo quanto più occultato; un testo carismatico sebbene privo di un popolo di fedeli. Una minoranza intervistatissima di studiosi - Pagels, Crossan e altri - officiano il culto delle rivelazioni dei nuovi vangeli che sarebbero - dicono - una novità dei nostri anni, poiché sconosciuti prima del 1980 (periodo d'uscita dei Vangeli gnostici della Pagels). Ma la scoperta popolare degli apocrifi non è cosa recente. L'uso polemico dei "nuovi vangeli", più attento ai media che alla sostanza scientifica, è ormai secolare.

A metà Ottocento, alcuni interpretarono il cristianesimo ortodosso come risultato di un processo politico di tipo darwiniano, prodotto di una politica feroce e scaltra, culminata al Concilio di Nicea. L'ipotesi fu accolta con entusiasmo dal mondo anticlericale e da influenti spiritualisti, che bandirono la venerazione degli apocrifi gnostici giudicati la voce degli sconfitti, dei mansueti, dei veri cristiani. Testi che, va aggiunto, gratificavano anche la mentalità elitaria dei "risvegliati" alla gnosi. L'individuazione di nuovi apocrifi accese la speranza di trovare il vangelo definitivo, il più antico e rivoluzionario. Contemporanea alla scoperta del Vangelo di Maria, dalle implicazioni femministe, fu la traduzione inglese della Pistis Sophia (1896) che inaugurò la queste spiritualista di un "vangelo perduto" capace di rimettere in gioco datazioni e autorità dei testi. Nel 1908 George Mead concludeva la traduzione in undici volumi degli apocrifi conosciuti, incontrando un inatteso successo: il materiale fu diffuso da periodici popolari, rotocalchi femminili e collane di libri economici. Come ha scritto Philip Jenkins in Hidden gospels (Oxford, 2001), negli anni '10 e '20 la stampa pubblicò migliaia d'articoli sulla letteratura apocrifa. Sulle principali riviste e quotidiani di Stati Uniti e Inghilterra, ma anche di Francia e Germania comparvero, su base regolare, articoli sul tema. Nelle pagine delle riviste radicali la lussureggiante varietà di questi testi fu piegata alle istanze più diverse: esoteriche e socialiste, vegetariane o femministe, ariane o eugeniste. L'attesa del "vangelo perduto" stimolò anche il fenomeno dei falsi vangeli (spesso "sottratti" al Vaticano) iniziata con l'esseno Vangelo della Pace e con gli atti fasulli della Vita sconosciuta di Gesù (1893). Altri furono canalizzati da medium come il Vangelo acquariano di Gesù Cristo (1908). La colluvie di nuove rivelazioni disorientò molti devoti. Per aiutarli a distinguere fra vangeli falsi, veri e dubbi, il biblista Edgar Goodspeed scrisse l'accorato libro I nuovi strani vangeli (1931). Venne anche la narrativa a colmare la perdurante latitanza del "vangelo definitivo" nelle molte opere d'inizio secolo modellate come equivalente in prosa degli apocrifi. Così il bestseller The brook kerith (1916) di George Moore, che rivelava l'imbroglio della crocefissione; o The miracle of the stigmata (1913) di Frank Harris o L'uomo che era morto (1929) di D. H. Lawrence, il cui Gesù si dedica all'amore con la Maddalena. Nel Gesù re (1946) Robert Graves difende la superiorità del Vangelo degli Ebioniti. In questo genere di letteratura (decliniamo al passato ma il genere è vivace ancor oggi) si poteva leggere che Gesù era indiano, egiziano, ariano, persiano, tibetano; che era femminista o mitraista; sposato con Salomé o Maddalena; che era mago o sciamano; e che le eresie, soprattutto le eresie, conservavano lo spirito del vero Cristianesimo. La parte del cattivo, in questa letteratura (come nella biblistica della Nuova Era), è recitata ovviamente da San Paolo, maligno architetto di complotti. Negli anni delle scoperte di Nag Hammadi e Qumran, annunci esplosivi crearono una rinnovata attesa del "vangelo definitivo" denunciando presunti complotti per occultarlo, trafugarlo o distruggerlo. Ancora mancava il testo incontestabilmente messianico, sebbene i biblisti che si specializzavano su Filippo o Tommaso, proponevano questi come adatti allo scopo. Eversivo, certo, fu il Marco segreto presentato da Morton Smith nel 1958. Eversivo sì, ma chiaramente inventato. Intanto iniziava la pratica del "canone creativo": sostituire, emendare, "integrare" Matteo, Marco, Luca e Giovanni allestendo nuovi canoni come i Complete Gospels di Miller. Quanti siano film e romanzi che raccontano il crollo del Cristianesimo in effige a causa della scoperta di un vangelo perduto è difficile dire. Curiosità, polemica anticristiana, tattica di vendita e incredulità, su queste leve poggia la furba gestione mediatica del Vangelo di Giuda. Che sfrutta anche l'indottrinamento cognitivo prodotto, su tutti noi, dall'onnipresente racconto d'investigazione, dove il detective colleziona prove per smascherare il colpevole, affidarlo ad un giudice e condannarlo. Nel romanzo giallo e in certa biblistica d'assalto, un colpevole c'è sempre, come da copione. E non si tratta di Giuda.

© Mario Arturo Iannaccone





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